GIORGIO TERENZI

“Dealing with art and engineering so to get a dual interpretation, coexisting yet conflicting visions of what we call reality. Assuming there’s one.”

IN a FEW DOTS

2017-now

  • producing paintings’ concept series and commissionscooperation with some art gallery
    (carrè d’artistes, artupia)

2017

  • Participated in the inauguration event exhibit “Artuparty by Artupia” in Milan, Italy

1998 – 2017

  • Freelance production & IT consultant
  • International coordinator and product manager for various Italian companies
  • basic and advanced studies of drawing, painting techniques, human anathomy and composition

1997

  • Received his Master’s degree in mechanical engineering in Milan, Italy

1971

  • Born in Milan, Italy

 

I CONCETTI DIETRO, nella mia lingua.

Dipingo il tempo perché il tempo mi spaventa.
I suoi effetti.
Esorcizzo questa paura immortalando, strato dopo strato, momenti di vita per preservarli dalla sua azione erosiva.
Che continua, senza emozioni né riposo, fino alla lenta ma ineludibile distruzione di tutto ciò che abbiamo faticosamente creato per lasciare un’impronta del nostro passaggio su questa terra, per dire a chi verrà dopo di noi: “ricordati di me”.
Ciò che mi rimane di anni respirati via è il sapore di luoghi vissuti o appena intravisti, di emozioni legate alla familiarità di uno spazio che puoi chiamare casa, origini, radici.
Anche se non li rivedrò mai più.
Allora sono la mia città, architetture urbane ed industriali, muri, edifici, luci, strade, odori, nebbia, pioggia. Qualsiasi cosa mi leghi a momenti persi nel tempo, scivolato via assieme ad infiniti altri, di tutta una vita.

Ed ad ogni istante che passa, il deterioramento degli artefatti, l’affievolimento dei ricordi, il degrado e la decadenza, da cui il bisogno di relazionarsi con quei muri e la necessità di non lasciare andare quello che è stato, di cristallizzare il momento, ogni momento possibile, per dare un senso a tutto questo.

Lo faccio raccogliendoli in serie tematiche che hanno preso forma durante anni di osservazione e di focalizzazione delle emozioni che ne derivano e che spesso devo metabolizzare per la loro complessità.

Allora ci sono le “Rovine Dentro”, autoritratti dell’anima; Le “Memorie” che racchiudono, attraverso  le architetture urbane testimoni della vita che scorre loro attorno, i ricordi di chi è stato prima di noi, anche in momenti storici di angoscia collettiva: “Chernobyl”; uno sguardo “dall’Altra Parte”, con la speranza di ritrovare chi è ha terminato il suo viaggio prima di me e “I Momenti”, scatti fotografici per tentare di immortalare le emozioni dell’attimo di chi è ancora e resiste all’annullamento del tempo.

Ma alla fine, cristallizzare il tempo in supporti che a loro volta subiranno lo stesso destino è in definitiva una follia. Tanto vale prevenire anche questo, con un’ultimo artificio: anticipare il tempo, rappresentando su tela anche quei segni di decadenza che in ogni caso osserverebbe un visitatore dopo di me.